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Massimo Cotto: il Rock ferma il tempo

Massimo Cotto: il rock ferma il tempo

“Il rock di padre in figli*”, il nuovo libro del giornalista Massimo Cotto, è disponibile in libreria e negli store digitali

“Il rock di padre in figli*” (Gallucci Editore) il nuovo libro del giornalista Massimo Cotto esperto di musica, DJ radiofonico, autore televisivo e teatrale, presentatore e direttore artistico di numerosi festival e rassegne, è disponibile in libreria e negli store digitali ed è un’immersione nella storia e nell’anima di un genere musicale che ha segnato la cultura contemporanea.

Ne “Il rock di padre in figli*” Massimo Cotto si rivolge a suo figlio sedicenne e con lui a tutte le ragazze e i ragazzi di oggi per raccontare il rock, i suoi riti e la sua bellezza, la ribellione e l’estasi. Un libro dedicato a una generazione che non vanta il rock nel proprio bagaglio culturale, a cui spiegare perché il rock è stato ed è così fondamentale, non solo a livello musicale, ma anche personale, perché ha avuto la capacità di cambiare la vita.

Massimo Cotto, a tal fine, ha costruito un monologo appassionato che racconta le storie di grandi artisti simbolo di questo stile a cui affianca il ricordo di episodi vissuti in prima persona: da Elvis Presley a Jim Morrison, da Patti Smith a Bruce Springsteen, dai Metallica ai Rolling Stones, dai Pink Floyd a Bob Dylan, dai Cure ai Queen, passando anche per molti altri grandi nomi della musica internazionale che hanno fatto la storia del rock.

“Il rock di padre in figli*” è un libro per tutte le età: per gli adolescenti, interessati a capire un fenomeno musicale che ha attraversato i decenni e cambiato, a volte, il corso della storia, e per gli adulti, per cui il rock non rappresenta solo un genere musicale, ma uno stile di vita.

All’interno del libro due QR code per visualizzare su YouTube e su Spotify la speciale “playlist dell’isola deserta” creata da Massimo Cotto con i brani indispensabili per scoprire e imparare ad amare il mondo della musica.

Qual è secondo te il significato del rock?

“Per me è racchiuso in una parola: libertà. Noi solitamente usiamo il termine ribellione che trovo appropriata ma non completamente, nel senso che ci si ribella sempre contro qualcuno mentre libertà vuol dire vivere senza condizionamenti la propria esistenza, senza altre persone che ti dicono come ti devi comportare, che cosa devi fare, che cosa devi cantare e che cosa devi ascoltare. Per me il rock è sempre stato questo ed è stato anche un motore di ricerca della felicità e sotto un certo punto di vista è stato un dispensatore di sogni perché attraverso il rock ho sognato molto meglio di quanto facessi prima. Il rock dispensa immagini attraverso le sue canzoni, attraverso le sue storie, mi ha spalancato davanti l’America, la bellezza e la poesia.” 

Il rock ti ha portato a comprendere quale fosse davvero la tua strada quando, da ragazzo, stavi raggiungendo un altro sogno, quello di giocare a basket. A volte il raggiungimento di un sogno diventa un tramite per scoprire la propria essenza, un tramite per scoprire se stessi. Possiamo dire anche che il rock è la risposta che non ti aspetti, penso a quando, nel libro racconti del brano “Thunder road” nel quale Bruce Springsteen, per convincere una donna a lasciare tutto e seguirlo, canta “Tutta la redenzione che posso offrire è sotto il cofano di questa macchina” e invece ci si poteva aspettare un “saremo sempre felici insieme?

“Assolutamente è proprio questo. Molte volte quando sbagli strada pensi di trovarti nei guai ed in difficoltà ed invece scopri delle cose bellissime. Io pensavo che il mio sogno fosse il basket, il gioco di squadra, il senso di appartenenza che può darti lo sport di gruppo ed invece, casualmente, dopo aver ascoltato “quella persona” che parlava alla radio mentre andavo all’allenamento in macchina mi sono reso conto che il mio sogno non era quello. È un po’ come nei film di Hitchcock quando la macchina da presa inquadra per i primi cinquanta secondi una persona che pensi possa essere il protagonista del film e poi l’unico ruolo che ha quel personaggio è di portarti al vero protagonista del film per poi scomparire definitivamente. Quindi per me il Basket è stato questo ed è incredibile pensare che, con il passare del tempo, io abbia anche smarrito il mio amore per quello sport come se, come dicevi tu, fosse stato un tramite per arrivare a quello che era il sogno più grosso e più vero.”  

Mi viene in mente una intervista di David Bowie quando dice: Pensate che essere una famosa rockstar sposata con una top model sia la cosa più bella del mondo? Lo è! Ecco anche in quel caso ci si aspetta una risposta come ad esempio «No perché per il nostro lavoro stiamo poco insieme» ed invece arriva la risposta che non ti aspetti.

“Ho in mente quell’intervista e Bowie è stato in assoluto l’artista che ho amato di più intervistare perché aveva tutto, profondità, senso dell’umorismo, bellezza e magnetismo quello che secondo me manca un po’ oggi quando intervisti le nuove star che sono molto brave a cantare ma che non hanno quell’urgenza di raccontarsi anche a parole che avevano i grandi nomi del passato.” 

Il rock di oggi sia a livello nazionale che internazionale esprime ciò che ha espresso negli anni passati, nel libro ad esempio racconti di cosa ha rappresentato il primo Elvis e i suoi movimenti di bacino. Il rock oggi esprime quel senso di libertà e ribellione di cui parlavamo prima?

“Oggi è tutto molto più complicato rispetto a prima e questo non riguarda soltanto il rock  ma è un discorso molto più generale, pensa all’arte figurativa non c’è più un Van Gogh, non c’è più un Gauguin, non c’è più un Matisse o un Cézanne o pensa al Jazz non c’è più un Thelonious Monk, non c’è più un Miles Davis, non c’è più un Charlie Parker o una voce straordinaria come Billie Holiday. Quello che penso è che nella società di oggi manchi un po’ quella sacralità che diventa poi il terreno necessario ai miti per poter nascere.  Ciò che mi stupisce è che questa sacralità, questa forza mitica o mitopoietica, esiste ancora nello sport. Lo sport mantiene ancora quest’aria leggendifica, nel senso che posso credere legittimamente  che domani arrivi un nuovo Messi o un nuovo Ronaldo o che Bellingham possa incantare tutti perché lo sport, non solo il calcio, si nutre fondamentalmente di mito, cosa che l’arte in generale ha un po’ smarrito.”       

ph. Silvia Nironi

In una intervista a Franco Battiato viene chiesto quale personaggio della storia sarebbe voluto essere e lui risponde: «Nessuno perché mi concentro sul mio sviluppo e non sulla mia sostituzione.» Oggi si assiste, anche guardando i social, ad una sostituzione della persona: persone che muovono la bocca e dicono parole di altri. Oggi non c’è sviluppo delle persone ma sostituzione. Il rock, la musica o l’arte in generale possono aiutare le persone a riportare il focus sullo sviluppo?

“ Il rock ha tutte le carte in regola per poterlo fare anche se è cambiata potentemente la società. Io ho sempre pensato che il rock fosse un elemento di cultura, non soltanto una forma di divertimento. Oggi mi sembra di notare che questo elemento si sia un po’ smarrito, il rock quindi ha tutte le caratteristiche affinché accada quello che dici tu. Credo che in fondo siano corsi e ricorsi storici nel senso che questo non sia un grandissimo momento per il rock ma il fatto che continuiamo a parlarne dopo settant’anni significa che è ancora vivo e vegeto. Non sono poi così sicuro che determinati “eroi” degli adolescenti di oggi possano restare nell’immaginario delle persone. Sono molto d’accordo con la frase di Battiato e mi hai fatto tornare in mente una frase di Robert Mapplethorpe, contenuta nel libro Just Kids scritto da Patti Smith, che diceva: «Massimo rispetto per Andy Warhol però io a quelli che provano ad alterare la realtà preferisco quelli che inventano una nuova realtà.» Quindi lavorano su se stessi per andare in un’altra direzione che è quello che sostanzialmente diceva Battiato.”

Nel libro ci sono continui riferimenti al numero 3. Suzanne Vega nata 3 minuti dopo la mezzanotte, Jim Morrison resta sul palco 3 minuti nella sua iconica posizione, sempre Jim Morrison muore il 3 luglio 1971, altre volte racconti 3 storie di artisti e potrei continuare con altri esempi. Il numero 3 è stato usato per un motivo specifico o è un caso?

“Sono felice tu abbia notato questo aspetto. Mi hai fatto venire in mente che nel mio romanzo “Il Re della Memoria” racconto la storia di un triangolo quindi penso che nel mio inconscio sviluppo quello che credo da sempre e cioè che la vita sia dispari nel senso che la vita, per fortuna, non è mai piana perché ci sono sempre degli elementi di disturbo e nel libro questo riferimento al numero 3 non è stato voluto anche se rispecchia perfettamente una mia convinzione, quindi il mio inconscio ha lavorato per me. Io sono un grande appassionato delle storie un po’ strane, non necessariamente del rock, una delle storie che amo maggiormente è quella di Bizet e la sua maledizione del 3 perché lui è morto il 3 giugno alle 3 del mattino alla 33esima replica della Carmen la cui prima era avvenuta 3 mesi prima il terzo giorno del terzo mese dell’anno.”                

Nel libro scrivi che il rock ferma il tempo, che in un tuo viaggio in Costa d’Avorio durante un incontro con i saggi di un villaggio ti dicono che “Saggio è l’uomo che capisce il tempo”. Sempre nel libro racconti la storia di Warren Zevon che, saputo di avere pochi mesi di vita alla domanda se quella notizia gli avesse rivelato qualche inedita prospettiva sulla vita e sulla morte risponde di no e che “adesso mi gusto ogni boccone del mio sandwich.” Quindi il rock, oltre a fermare il tempo, lo allarga?

“Assolutamente si, ne ha allargato le pareti facendoci rientrare tutti gli aspetti belli della vita. Se si vanno ad analizzare gli argomenti delle canzoni, oltre ai macro argomenti come l’amore, il tempo è uno degli argomenti più sviluppati ed utilizzati sotto molti punti di vista. C’è chi vuole creare un altro tempo, chi vorrebbe fermarlo, chi è terrorizzato dal tempo che passa. Il rock ha questa capacità di creare un tempo interno e farti capire molto meglio le cose. Warren Zevon ne è un esempio ma ci sono altri artisti che hanno capito che il tempo della musica, dei sogni e della bellezza è assolutamente connesso con il tempo naturale delle cose ma ti aggiunge qualcosa in più. Io davvero penso che chi faccia arte abbia qualcosa in più e qualcosa in meno. Qualcosa in meno perché è alla continua ricerca di ciò che non riesce a trovare, vedi l’artista insoddisfatto perché sa perfettamente che non sarà mai del tutto felice, ma ha anche qualcosa in più perché ha una sensibilità più sviluppata che riesce a tradurre in arte. Quindi sono tutti ingredienti che ci fanno capire quanto è bello vivere fino all’ultimo. Pensa al finale de “Il Giardino dei Ciliegi” di Cechov quando il servo rimane solo e dice:  «Mi hanno lasciato tutti solo, mi hanno abbandonato, la vita è passata e non me ne sono nemmeno accorto». Questo nel rock non può accadere perché ti ricorda continuamente il tempo.”

Il rock, la musica in generale, riesce a farti comprendere quella parte della tua storia che ancora non conosci e non riesci a spiegarti. Il rock e la musica, ti dicono come colmare quel vuoto che sentiamo dentro.

“Esatto, è un grande suggeritore, poi è ovvio che tocca a te metterlo in pratica ma è come una torcia molto potente che ti fa vedere la strada.”  

Massimo Cotto oggi è una delle voci più note di Virgin Radio, dove ogni mattina conduce il programma Rock & Talk, ma in passato ha parlato ai microfoni di Radio Rai (con cui ha collaborato per oltre vent’anni e dove è stato per quattro anni responsabile artistico di Radio Uno), Radio 24 e Radio Capital. Ha collaborato con diversi quotidiani e scritto per le principali riviste italiane e internazionali, tra cui l’americana Billboard e la tedesca Howl!. Nel 2010 è stato tra gli autori del Festival di Sanremo. Dal 2017 al 2019 ha presieduto la giuria del Primo Maggio di Roma. Per diversi anni è stato alla guida di Sanremolab e Area Sanremo. Dal 2021 è Ufficiale della Repubblica Italiana per la sua attività “sempre caratterizzata da una particolare attenzione al sociale”. Negli ultimi anni è stato interprete di diversi spettacoli teatrali, tra cui “Chelsea Hotel”, “Rock Bazar” e “Decamerock”. Per Gallucci editore ha pubblicato “Il Re della Memoria”, vincitore del Premio Selezione Bancarella 2023.

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Il Re della Memoria di Massimo Cotto vince il Premio Selezione Bancarella 2023

Il Re della Memoria di Massimo Cotto vince il Premio Selezione Bancarella 2023

Il giornalista musicale Massimo Cotto, padre del “libro intervista”, autore televisivo e voce di Virgin Radio, è vincitore della nuova edizione del Premio Selezione Bancarella.

Il giornalista musicale Massimo Cotto, padre del “libro intervista”, autore televisivo e voce di Virgin Radio, è vincitore della nuova edizione del Premio Selezione Bancarella.

Dopo la pubblicazione di oltre 70 libri di musica, Cotto ha esordito nella narrativa con il romanzo Il Re della Memoria, un noir che sorprende i lettori con il suo ritmo serrato intrecci complessi che lasciano con il fiato sospeso.

“Massimo Cotto è una delle persone più affamate di storie che conosca.

E mangia, Massimo, sapeste quanto mangia…” Luciano Ligabue

“Il Re della Memoria è una storia avvincente e misteriosa in cui sembra che il passato non possa essere cancellato, mai”. Camilla SernagiottoGrazia

“Massimo Cotto, centellinando gli indizi, da esperto giallista, riesce a mantenere alta l’attenzione del lettore per tutto il libro”. Eleonora SerinoRockerilla

“Un esordio nel noir, percorso da una sensualità sotterranea che emerge con ritmo serrato pagina dopo pagina”. Il Secolo XIX

Il libro

Sono trascorsi vent’anni dalla tragica notte che ha cambiato per sempre le vite di Ariel e Linda. Lei è una donna affascinante e complicata che torna e riporta alla luce quel passato. Lui è un uomo poco più che trentenne, misteriosocon alle spalle molto dolore. E nel suo presente c’è un’altra donnaAstrid, a cui non può e non sa rinunciare. Quando ciò che credevano di avere sepolto ricomincia a tormentarli, la fragile sicurezza di Ariel e Linda si sgretola. Riusciranno a liberarsi di quello che non hanno mai dimenticato? Pensavano davvero che le ferite potessero rimarginarsi? Certi ricordi possono anche uccidere.

L’autore

Massimo Cotto (Asti, 1962) è uno dei più noti disc jockey e giornalisti italiani, conduttore di Rock & Talk ogni mattina su Virgin Radio. Nella sua lunga carriera ha conosciuto da vicino tutte le leggende del rock, da Paul McCartney a Mick Jagger, da Leonard Cohen a Madonna. È anche scrit­tore (tra gli ultimi titoli, in ordine di tem­po, È andata così, con Luciano Ligabue, e Rock is the answer), autore televisivo (ha collaborato con il Festival di Sanremo), in­terprete di spettacoli (Chelsea HotelRock BazarDecamerock) e, dal 2021, Ufficiale della Repubblica Italiana per la sua attività “sempre caratterizzata da una particolare attenzione al sociale”.

www.galluccieditore.com
Massimo Cotto: “Il rock può ancora cambiare le nostre vite?” Secondo me la risposta è si!”

Massimo Cotto: “Il rock può ancora cambiare le nostre vite?” Secondo me la risposta è si!”

Nel suo nuovo libro voci sopra le righe, divertenti aneddoti, meditazioni profonde e consigli quotidiani di oltre 150 musicisti di ogni generazione   

È disponibile in libreria e negli store digitali “Rock is the answer – Le risposte della musica alle questioni della vita” (Marsilio Editori), il nuovo libro di Massimo Cotto, giornalista professionista, DJ radiofonico, autore televisivo e teatrale, presentatore e direttore artistico di numerosi festival e rassegne, oggi una delle voci più note di Virgin Radio, che racconta il mondo del rock attraverso le parole di oltre 150 artisti, da Mick Jagger a Patti Smith, da David Bowie a Chris Cornell, raccolte nel corso degli anni durante interviste ed incontri 

Tra voci sopra le righe e divertenti aneddoti, meditazioni profonde e consigli quotidiani, a ogni mese dell’anno si associa una riflessione che nasce da un brano cult e che introduce una parola chiave per ciascun giorno. Dall’amore (tema di gennaio) alla ricerca di una risposta (tema di dicembre), passando per il futuro (tema di giugno), ogni riflessione è accompagnata da una canzone che fa guida all’ascolto e dà una o più risposte che gli artisti hanno voluto consegnare a Massimo Cotto durante incontri e colloqui. Demoni e ispirazioni, vizi e virtù rivivono in uno zibaldone di pensieri che diventa al tempo stesso un motore per le ricerche personali e il prodotto di un nuovo e mai banale sguardo sul mondo.

Il suo nuovo libro si chiama “Rock is the Answer – Le risposte della musica alle questioni della vita”. Ogni risposta presuppone che sia una domanda e quindi le vorrei chiedere se nel corso degli anni le domande che poniamo al rock sono cambiate e se sì in che modo, oppure come ha detto David Bowie le domande sono le stesse me è cambiata la prospettiva?

«Le domande sono cambiate nel senso che un tempo la domanda era: “Il rock può cambiare il mondo?” Ed oggi abbiamo avuto la risposta e cioè che non può più cambiare il mondo, almeno non nelle dimensioni che noi abbiamo sempre immaginato e sperato negli anni ‘60, per coloro che hanno avuto la fortuna di vivere quel decennio, quindi l’utopia di Woodstock la rivoluzione psichedelica, l’idea che il rock potesse diventare la base di una nuova società. Oggi sappiamo che tutto questo non è più possibile. È cambiata la scala, si agisce su livelli individuali quindi la domanda corretta che noi possiamo fare è: “Il rock può ancora cambiare le nostre vite?” Secondo me la risposta è si! La grandezza del rock, come dell’arte in generale, ci insegna che una risposta genera un’altra domanda. Io non sono alla ricerca di una risposta definitiva, se esistesse un libro con tutte le risposte della mia esistenza io non lo comprerei altrimenti che cosa vivo a fare? Proviamo a chiedere ad un artista se voglia scrivere una canzone perfetta, lui risponderebbe di no. Il bello del rock è che ti da gli spunti per andare avanti e risolvere i tuoi piccoli malanni quotidiani per poi ripartire alla ricerca di qualcos’altro.» 

Le scale delle quali parlava prima, quelle scale citate anche nel libro “stairway to heaven” conducono ad un miglioramento individuale, non collettivo.” L’uso eccessivo del gruppo, del collettivo, ci sta portando ad una perdita di identita’, ci sta portando alla depersonalizzazione. Sempre nel libro ho letto “il rock può creare aggregazione lavorando sull’individuo e non più sul gruppo.” Quindi il rock può ricreare l’identità che stiamo perdendo e se sì in che modo?

«Secondo me si, perché i musicisti sono persone fragili e vulnerabili così come lo siamo noi, solo che loro hanno un momento nel quale possono esercitare una funzione diversa, di trascinatore di folle, che è il momento nel quale sono sul palcoscenico ma poi, quando scendono, ricominciano a vivere gli stessi malanni, le stesse debolezze del quotidiano. Loro sono in grado di lavorare singolarmente sulle nostre piccole debolezze quindi farci capire in quello che noi proviamo tutti i giorni come il senso di inadeguatezza, la difficoltà di attraversare particolari momenti, la disillusione che sono tutte cose che loro hanno affrontato più volte ed hanno provato a superarle attraverso la musica. Quindi credo che lavorando sull’individuo il rock e l’arte in generale possano comunque costruire un buon futuro.»

Ha intervistato migliaia di artisti, ma con chi si è reso conto che a parlare era la persona e non l’artista?

«È una bellissima domanda, perchè è esattamente il fine di tutte le mie interviste. Io non sono interessato al gossip, neanche interessato ad entrare troppo nel dettaglio musicale. L’arte, la musica, il rock è comunicazione ed io sono interessato a capire la persona dietro il personaggio, la persona dietro l’artista e quindi momenti in cui l’artista si confessa, comincia a parlare di se stesso quasi dimenticandosi che davanti ha un giornalista a me fa capire che sono riuscito a conquistare la sua fiducia e forse può nascere qualcosa di importante. Pensa ad esempio ad Elton John, Joe Cocker a Eric Clapton che hanno sfruttato uno spunto che ho dato loro per parlare della loro odissea nella droga e nell’alcol e lo hanno fatto con naturalezza, ricordo Elton John che piangeva mentre raccontava. Ricordo Alda Merini che si commuoveva dicendo cose meravigliose pensando alle figlie o a suo marito per il quale lei dice di aver scritto tutte le sue poesie. Sono momenti nei quali capisci la fortuna che hai avuto nel fare questo lavoro e anche la grandezza delle persone e non soltanto dell’artista da un punto di vista professionale e musicale.»

Tra i tanti artisti che ha intervistato ha chiesto a Noel Gallagher quali canzoni avrebbe voluto scrivere, quindi le chiedo quale artista avrebbe voluto intervistare e perchè?

«Mi sarebbe piaciuto e mi piacerebbe intervistare le tre “J” Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison perché sono sicuro che comunque mi divertirei tantissimo. C’è una persona che non ho mai intervistato e non ho mai voluto intervistare che è Bruce Springsteen perchè lui mi ha cambiato la vita ed io non volevo correre rischi di beccarlo nell’unico giorno che era arrabbiato perché ad esempio aveva litigato con la moglie oppure aveva bucato o erano entrati i ladri in casa e quindi deve rimanere lì come mia lanterna, come mia stella polare, come mio punto di riferimento. Ti invito ad immaginare la faccia del discografico quando mi ha chiesto se volessi incontrarlo e gli ho risposto di no. Davvero abbiamo bisogno di stelle polari e di bussole come per me Springsteen che mi ha fatto capire la potenza dell’arte e della musica.»  

Foto di Silvia Nironi

Hai scritto “mi è capitato di parlare con dei ragazzi che volevano raggiungere il successo.” Dove c’era qualcosa che non funzionava lo diceva e le rispondevano “Eh ma a me è venuta cosi’.” Crede sia anche per questo atteggiamento che molti ragazzi poi non riescono ad arrivare al successo?

«Si assolutamente, il successo è una conseguenza del lavoro che si fa più l’aggiunta di quella cosa che inizia per “c” e finisce per “ulo” (ride) quindi lavorare e faticare sicuramente è una condizione necessaria ma non sufficiente per avere successo però in ogni modo i ragazzi devono capire che l’ispirazione è importante per il 10% e l’applicazione per il 90%. Bisogna faticare perché l’ispirazione e l’intuizione sono il profumo della torta ma non la torta.»   

E parlando di ragazzi il discorso non può che non andare ad Area Sanremo che l’ha vista presente in qualità di Direttore Artistico.

«Io sono molto legato a questo concorso perché è un po ‘ il sogno americano. I ragazzi che arrivano tramite Sanremo Giovani, quando arrivano, sono già strutturati perché hanno già una casa discografica, una major. Quelli che arrivano ad Area Sanremo non hanno quasi mai nessuno quindi è chiaro che sono meno preparati rispetto agli altri ma hanno queste potenzialità inespresse che quando li vedi pensi a quanto di bello e importante potrebbe venirne fuori e quando accade che tu hai la fortuna e possibilità di lanciare le carriere di qualcuno di loro come è successo a me in passato con Arisa, Noemi, Mahmood o Simona Molinari. Ma poi ci sono altri che sono passati da Area Sanremo, quando non c’ero io, come Tiziano Ferro, Anna Tatangelo o Renzo Rubino, persone che hanno costruito una buona carriera.»      

Mi piace abbinare la musica alla cucina perché ho sempre pensato che ad un piatto, così come si abbina un vino, possa essere abbinata una canzone e quindi le chiedo se fosse un piatto che piatto sarebbe e perchè e quale canzone abbinerebbe?

«(Ride) Bella domanda. La risposta più immediata che mi viene, visto che io amo il polpettone, è una canzone di Meat Loaf “Bat out of Hell”, però in realtà io amo la carne cruda, da buon piemontese, o all’albese quindi a fette o battuta che si differenzia dalla tartare perché sulla tartare ci metti sopra una valanga di roba come capperi, sale, uovo invece la carne cruda è carne cruda, sopra al massimo ci metti un pò d’olio e un pò di limone e quindi per me la musica è questa, ci deve essere la concretezza e l’essenzialità ecco perchè mi piacciono le canzoni che puoi anche soltanto riprodurre con solo la chitarra oppure con un pianoforte. Mi piace anche l’apocalisse come anche il deserto di suoni e penso che in assoluto se dovessi dire la canzone più bella che si mai stata scritta direi che è una canzone di Tim Buckley, padre di Jeff,  che si chiama “Song to the Siren”.»