Aska: Le mie canzoni sono flussi di coscienza

Aska: Le mie canzoni sono flussi di coscienza

Il cantautore pubblica l’album “Asgard” già disponibile su tutte le piattaforme digitali

Simone Scaccia, in arte Aska, pubblica l’album “Asgard” (ascolta qui) già disponibile su tutte le piattaforme digitali, realizzato dal collettivo “Juicy Music Group”, prodotto da  Kozak e distribuito Artist First.

Simone grazie alla musica, che ha sempre fatto parte della sua vita, riesce ad esprimere se stesso, a raccontare i propri pensieri attraverso storie che prendono spunto da ciò che vive e da ciò che lo circonda. Sin da piccolo, la musica è sempre stata un elemento importante grazie ai suoi genitori che lo hanno cresciuto a pane, Renato Zero ed altri artisti importanti della musica internazionale come ad esempio i Genesis ed i Pink Floyd. Nel 2020 nasce la “Juicy Music Group”, il collettivo creato da Aska e Massimo Moscogiuri, il suo attuale manager, con lo scopo di creare un team in grado di seguire un artista a 360 gradi, team che attualmente conta più di venti professionisti. In contemporanea si dedica alla composizione di nuovi pezzi e alla sua formazione canora frequentando un’accademia di canto.

Con “Asgard” Aska vuole far fare all’ascoltatore un viaggio, toccando diverse tappe della sua esistenza che vanno dall’adolescenza sino ad oggi, attraverso il racconto di storie che, seppur  diverse tra loro,  sono collegate da un filo sottile di esperienze ed emozioni. Un viaggio alla scoperta dell’evoluzione emotiva ed artistica che ha portato Aska ad essere quello che è oggi, un viaggio verso la consapevolezza di se stessi.

Dov’è o meglio che cos’è Asgard?

“Asgard è un viaggio a tappe, simboleggiate dalle canzoni, quelle tappe della mia vita che mi hanno portato ad essere l’artista e la persona che sono oggi. Le mie canzoni sono tutte autobiografiche, ad esempio Milano Goodbye è una traccia che è nata proprio a Milano, quando lavoravo nel marketing e le cose non andavano molto bene, una sera mi sono ritrovato a camminare di notte a piedi da solo a pensare. Le mie canzoni sono flussi di coscienza”

Ne Il mio nome, brano contenuto nell’EP, canti  “Ero in letargo, quasi al tracollo, giuro non mollo” questo segna il momento nel quale hai iniziato a prendere coscienza di te?

“Assolutamente si, perché prima non avevo ancora ben chiara la consapevolezza di me stesso e dei miei mezzi, quindi ero praticamente in letargo ed è stato quindi un giuramento a me stesso che non avrei mollato. 

Canti anche del cielo e del mare che si uniscono, in questo caso fai riferimento alle due parti di te che si uniscono?

“Il parallelismo che hai colto è quello giusto perché mi riferivo alla mia vita artistica e alla mia vita personale e tratta dei problemi che ho avuto all’inizio della mia carriera. In questo caso la mia vita artistica è rappresentata dal cielo perché è la cosa più “alta” che faccio, che eleva il mio spirito. Creare aiuta lo spirito a raggiungere la consapevolezza. Il mare è l’altra mia vita che è molto burrascosa, piena di onde ma anche calma senza onde, dipende dal vento che tira.”

Un’altra canzone contenuta nell’EP è “Posto nel mondo” nella quale racconti la nostra continua ricerca di quel posto giusto che non riusciamo a trovare. Se la risposta alla nostra ricerca fosse semplicemente che il posto giusto siamo noi?

“Questa è una bella riflessione alla quale ci sono arrivato anche io dopo aver fatto molte esperienze e forse il problema del nostro posto nel mondo è proprio quello stato di malessere che ci accompagna sempre e che ci fa sentire sempre fuori posto anche in quei momenti nei quali non avremmo motivo di sentirci così come ad esempio nel pranzo di Natale con tutti i propri familiari che canto nella canzone. Non è importante dove andiamo è importante ricercare noi stessi. Asgard infatti non è un posto fisico, è il proprio posto nel mondo dove ti senti sicuro.”

Tra queste tappe del tuo viaggio qual è quella nella quale racconti i tuoi sogni?

“Sicuramente l’ultima canzone, “Riemergo” dove canto che riemergo solo se canto. Solo facendo ciò che voglio fare mi sento bene. Diciamo che quest’ultima canzone è la canzone del prossimo album presa in prestito (ride). Il mio sogno è arrivare alle persone, trasmettere il mio messaggio agli ascoltatori.”

Hai detto presa in prestito dal prossimo album, quindi cosa ci puoi dire dei tuoi progetti futuri?

“Sicuramente Asgard è un album molto impegnativo sia per me che per il pubblico, ricco di contenuti ed un concetto ben preciso. Per il futuro ho già avuto delle idee sulle quali sto riflettendo, sicuramente usciremo con dei singoli che abbiamo già pronti.”

Asgard track by track

Asgard: E’ qui che inizia il viaggio, questa è la canzone più carica, autocelebrativa, piena di emozioni positive in cui possiamo notare un Aska pronto ad affrontare il tutto con grande entusiasmo, molto carico e pieno di energie, un pezzo molto euforico ed esuberante dalle sonorità vicine allo street.

Il mio nome: è una delle due canzoni più introspettive dell’ep, è molto riflessiva e parla di un Aska più giovane, che ancora non capisce, vive le cose molto di pancia, che si fa tante domande e si ribella nei confronti di tutto ciò che non reputa giusto, non pensandoci più di tanto. Un momento difficile della vita, ma che vive con la consapevolezza che alla fine, in futuro, tutto andrà meglio.

3.00 AM: è la prima canzone d’amore, che può essere per una ragazza, ma anche per la musica o nei confronti di qualcosa che si ama. Racconta quell’amore che ci tiene svegli tutta la notte, a cui si pensa tutti i giorni. La cosa bella è poter esprime quello che in quel momento si prova dentro.

Dimmi il perché: anche questa canzone parla d’amore, un’amore che non è stato contraccambiato o che noi abbiamo messo al centro della nostra vita e poi ci siamo resi conto che non ne valeva la pena. Questo è il problema di tutte quelle persone che come Aska sono passionali e mettono loro stessi in tutto ciò che fanno.

Cammino solo: il racconto di un amore infelice, uno di quegli amori che ci piacciono tanto, ma in realtà ci fanno tanto male, quegli amori che finiscono, ma non abbiamo il coraggio di chiudere definitivamente. Questa chiude il trio delle prime tre canzoni d’amore. Nella prima abbiamo l’innamoramento, nella seconda la delusione e in questa sempre la delusione, ma con una speranza attraverso la quale si lascia una finestrella aperta, ed è proprio per questo motivo che viene messa a metà dell’ep.

Milano Goodbye: scrive “Milano Goodbye” in un periodo difficile della sua vita, nel quale si sentiva solo, vuoto, dove cercava, grazie al raggiungimento di obiettivi, l’appagamento emotivo che poi non arrivava, un periodo in cui pensava che le cose materiali potessero dargli sollievo e riempire quei vuoti. Ma è veramente così? Possiamo stare meglio cercando la soluzione nelle cose e negli altri? La canzone prende spunto da un avvenimento accaduto veramente, in cui Aska, a causa di alcuni disguidi, si è trovato a dover percorrere a piedi con la nebbia una tangenziale per diversi chilometri. Questo il momento in cui, essendo solo e nel totale isolamento, ha potuto riflettere. Come dice in “Milano Goodbye”, quando hai un problema nessuno risponde alla tua richiesta e ti aiuta a risolverlo.

Vicino: torna come tema l’amore e dopo tutte le delusioni delle precedenti relazioni, finalmente un nuovo amore più consapevole e più maturo, ottenuto grazie alle esperienze passate. Come si dice: “ Dopo il temporale torna sempre il sereno”.

Sigarette: questa è un po’ la gemella de Il mio nome, è sempre una canzone introspettiva e ci racconta come è messo Aska a questo punto del viaggio, in base alle esperienze che ha avuto precedentemente. Racconta cosa Aska pensa in quel momento di se stesso, una chiave di lettura di lui come artista.

Posto nel mondo: Quante volte ci siamo sentiti persi? Quante volte ci siamo resi conto che la vita che stavamo vivendo non era quella che avremmo voluto avere? Tante. Anche Aska ha vissuto questo momento di smarrimento dove non riusciva a capire qual era il suo “Posto nel Mondo”. Non riusciva a trovare una sua identità, un posto che lo facesse sentire in pace con se stesso, protetto e non stiamo parlando solo di un posto fisico, ma anche di uno mentale. Ci sono luoghi che dovrebbero essere il nostro posto nel mondo, ma anche lì non ci sentiamo a nostro agio, ci sentiamo come il sole di notte e le scarpe rotte, come racconta nella canzone. Per far fronte a questa situazione le proviamo tutte: “Ho rotto tutte le porte, ballato insieme alla morte” (cit. canzone).

Riemergo: dopo tutto quello che Aska ha passato ed ha raccontato nell’ep, finalmente grazie alla musica riemerge. La consapevolezza che la cosa che stava cercando è il viaggio e che per raggiungere quello a cui vuole arrivare, la costante, che nel viaggio deve essere sempre presente, è la cosa che più ama fare, ovvero la musica. E’ l’ultima traccia dell’ep, che, anziché andarlo a chiudere perché in realtà si chiude con “Posto nel Mondo”, apre la strada ad un altro viaggio.

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Hanami: Gioco a carte scoperte col destino

Hanami: Gioco a carte scoperte col destino

Nel singolo Giocare e basta, una dolce ballata pop, la cantautrice parla a se stessa, raccontando la nostalgia dell’infanzia.

“Giocare e basta” è il brano di Hanami disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme digitali.

Hanami è Giulia Guerra, cantautrice pop di 22 anni proveniente da Ferrara. Dopo un’esperienza come cantante della band Nameless, con la quale ha partecipato a Sanremo Giovani e ad importanti eventi come Deejay On Stage, Deejay On Ice, Capitalent, Webnotte Kolossal, Fiat Music, Festival Show e CampusBand, Giulia sente la necessità di intraprendere un percorso più personale, da artista solista. Nel Luglio 2022 firma il suo primo contratto discografico con Isola degli Artisti e pubblica il suo primo Ep “Indisponibile all’Amore”, anticipato dai singoli “Cado mi rialzo”, “Yin e Yang” e “Punto e a capo”. Il 14 ottobre pubblica “Mi torni in mente”, primo singolo estratto dal suo nuovo progetto discografico attualmente in lavorazione. 

“Giocare e basta” è una dolce ballata pop nella quale la cantautrice parla a se stessa, raccontando la nostalgia dell’infanzia. Quando i pensieri erano leggeri ed erano lontani i momenti in cui la vita ti presentava ostacoli e preoccupazioni. Quando tutto era innocente, senza competizione o malizia e le piccole cose, erano quelle più belle.

Il pezzo, come i brani precedenti di Hanami, è presente nelle playlist New Music Friday Italia, Indie Italia e Scuola Indie di Spotify oltre che in Novità Indie Italiano, Novità Pop Italia, I Am Woman e Novità del momento di Amazon Music.

Il testo della tua canzone, Giocare e basta, lascia spazio a diverse interpretazioni. Quel “Mi manchi tu” che canti nel ritornello può essere rivolto ad una persona o a se stessi; io l’ho interpretato come la spensieratezza, nel senso che mi manca quella spensieratezza tipica dell’infanzia.

“Si esatto, la canzone è un richiamo all’infanzia, a quella spensieratezza che avevo anche se, come dici tu, nel ritornello ci puoi vedere un amore o una persona cara che non c’è più. Infatti anche la copertina del singolo richiama proprio la spensieratezza dell’infanzia. Il bello della musica è proprio la libera interpretazione perché ognuno può vederci quello che meglio crede e vivere le emozioni che la canzone stessa provoca. Ad esempio io sono la prima che cerca nelle canzoni quello che in quel momento sto vivendo come accade nei momenti di amori tristi.”

Hai appena parlato di momenti tristi, amore e ricerca delle risposte nelle canzoni. Come mai secondo te la tristezza è uno dei canali maggiori che inducono poi un artista a scrivere, sembra aprire le porte dell’anima?

“Io tendo principalmente a scrivere quando sono triste e se ci pensi la felicità quando c’è è un attimo invece la tristezza, paradossalmente, la trascini per giorni e mesi. Durante il corso di una vita i momenti di felicità sono meno rispetto ad altre emozioni come la tristezza o la rabbia. Sai perché penso siamo più tristi che felici? Perché noi tendiamo a non accontentarci mai, anche quando riusciamo ad avere quello che desideriamo da tantissimo poi non ci basta, perché vogliamo sempre di più.”

Quando hai scritto Giocare e basta e più in generale quando scrivi una canzone per chi scrivi?

“Scrivere per me è una necessità, esternare emozioni semplicemente parlando è più difficile e quindi le scrivo perché trovo più intimo essere insieme ad una chitarra o ad un pianoforte, in quel momento non ti senti giudicato, è una sorta di terapia che mi aiuta mentalmente. Poi se mi rendo conto di aver un messaggio forte in mano sono contenta di condividerlo con gli altri.”

Hai parlato di giudizi, come vedi il continuo giudicare il prossimo sui social?

“Noto che la mia generazione si sta svegliando, ho fiducia che i nostri figli saranno migliori di noi. Oggi vieni giudicato per qualsiasi motivo, anche per il tuo aspetto, da persone che non ti conoscono. Una persona la ami per com’è non per come appare.”

Progetti futuri?

Sto lavorando ad un progetto live che svelerò più avanti e spero in bel 2023, di più non posso dire (ride).”

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Hera: la felicità è il viaggio che affrontiamo ogni giorno

Hera: la felicità è il viaggio che affrontiamo ogni giorno

Eudemonia, il suo nuovo brano, è in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming digitale.

“Eudemonia” (Navaho Music), è il nuovo singolo di Hera già in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming digitale.

Il progetto Hera nasce nell’anno 2016 ed è caratterizzato da una decisa comunicazione testuale e visiva. La sua produzione musicale strizza l’occhio a sonorità internazionali, permettendo all’artista di farsi conoscere e apprezzare sia in Italia che all’estero.

Eudemonia è un brano composto a quattro mani dalla stessa Hera e dal produttore Marco Canigiula. Il singolo anticipa l’uscita del secondo EP prevista per la primavera 2023, un progetto discografico che fonde la musica con i quattro elementi naturali. Nel caso di “Eudemonia” l’acqua è la protagonista indiscussa del processo creativo: il risultato è un mix equilibrato tra sound design, voci e testo.

Ho ascoltato la tua canzone “Eudemonia” e dal brano emerge felicità.

“Questa canzone vuole avere un momento collettivo di riflessione. Ti voglio raccontare questo aneddoto: stavo andando in studio, in una calda mattina di Luglio, a registrare il mio EP e durante il tragitto mi sono chiesta cosa fosse per me la felicità e mi sono detta: “Ma tu sei davvero felice? Sai sono quelle domande esistenziali che prima o poi ti fai. La mia risposta, dopo averci pensato, è stata: “Si!” Perché la felicità è un atto di coraggio ed è la somma di tante piccole cose come ad esempio una chiacchierata la mattina con un’amica, la buonanotte della sera, un raggio di sole nel pieno di Luglio. Tutte queste, nel loro insieme, rappresentano la felicità. La felicità non è la destinazione ma il viaggio che affrontiamo ogni giorno e questo l’ho voluto raccontare nella mia canzone.”

Quindi ti sei ascoltata e l’ascolto di se stessi è fondamentale per capire chi si è davvero e ci fa comprendere che non tutti la pensano come noi e non tutti hanno il nostro stesso punto di vista della vita.

“Io considero la prospettiva fondamentale nell’affrontare la vita perché mi ha aperto la mente e l’anima ed ha permesso di ascoltarmi. Ascoltare ed essere attenti a ciò che ci circonda è fondamentale per un artista in generale e tu hai colto esattamente quello che ho voluto condividere con gli altri.”

Nella tua canzone ho trovato il momento esatto della nascita della felicità, quando canti che l’equilibrio prima lo trovi e poi lo perdi. 

“Sono completamente d’accordo perché per trovare la felicità bisogna mettersi in gioco e perdere l’equilibrio perché nulla è fermo e nulla è statico. Certamente ci vuole equilibrio ma anche il coraggio di saperlo perdere ed affrontarne le conseguenze.”

Com’è nata l’idea di fondere gli elementi naturali con la musica?

“Questo è un aspetto a cui tengo molto perché voglio rendere ogni mio lavoro particolare e connetterlo a ciò a cui sono legata e la natura mi da forza soprattutto nei momenti di difficoltà. Nel mio precedente EP, ad esempio, ho fuso la musica elettronica con gli strumenti classici, mi piace dire di avere un’anima vintage. Sono legata all’acqua perché sono donna di mare e quindi l’acqua doveva assolutamente essere l’elemento naturale del brano apripista del mio EP. Infatti in Eudemonia c’è un suono costante di una goccia che accompagna tutto il brano. All’acqua seguirà il fuoco, poi la terra e l’aria perché sono gli elementi che incidono sulla vita del pianeta ed influenzano l’uomo e poi il vento aiuta a perdere l’equilibrio.”

Cosa ti ha ispirato il progetto Hera?

“La dea greca Hera perché sono appassionata di mitologia greca. Mi trovavo a Londra e stavo passeggiando per le vie della città sotto una fitta pioggerellina e in un momento di riflessione è arrivata l’ispirazione. Poi ho pensato al perché questo nome mi fosse venuto in mente proprio durante quella passeggiata. Hera era una dea molto legata al mondo animale ed io sono amante degli animali e poi è la dea della fertilità. Io ho preso quel concetto e l’ho trasferito alla mia creatività, volevo fosse di buon auspicio e così è stato.”

Sai già quando uscirà il tuo EP?

Si, uscirà nella primavera di quest’anno. Invito tutti a seguirmi sui miei canali social e restare sempre informati anche sul mio sito www.herasinger.com dove poter anche scrivermi nella sezione contatti così da poter restare sempre in contatto e ti posso anticipare che ci sarà anche qualche spoiler dei prossimi brani.

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Biografia

Nell’anno 2016 nasce il progetto Hera e tra le valide collaborazioni musicali citiamo diversi nomi noti italiani come Pierpaolo Principato, Emiliano Begni, Donato Cedrone, Jacopo Carlini e altri. Il 2017 è l’anno dell’EP “Inside Me” un racconto introspettivo introdotto attraverso brani noti rivisitati e arrangiati in una chiave molto personale. Nell’anno 2018 segue “My Christmas Gift”, lavoro che vanta la complicità di L. Mattacchione, armonica solista per il Maestro Ennio Morricone; i singoli “Christmas Eve” ed “Elettromagnetica”, produzioni del 2019, sono entrambi brani originali che catturano l’interesse del settore musicale Indie e l’attenzione di note radio italiane. L’8 Dicembre 2020 è una data molto importante per il progetto, difatti l’uscita di “Escape Room” simboleggia l’inizio di una nuova autoproduzione firmata Hera Project e composta a quattro mani con lo Staff di Canzoni Inedite, brand dell’etichetta romana Cantieri Sonori. A distanza di pochi mesi seguiranno i singoli “Il Duca Bianco” (23 febbraio 2021) e “Dorian Gray” (16 luglio 2021), sino a giungere alla tanto attesa pubblicazione del primo EP di brani originali del progetto dal titolo “Mandala” uscito su tutte le piattaforme digitali lo scorso 27 maggio, contenente due nuove canzoni: “Kandinskij” e “Notte stellata”. 

AmbrOsino: Bisogna avere cura per le parole

AmbrOsino: Bisogna avere cura per le parole

Dal 18 novembre 2022 è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale “3 ‘O Figlio D’’O Rre” (MMG/Graf/Believe), il suo nuovo EP

Dal 18 novembre 2022 è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale “3 ‘O Figlio D’’O Rre” (MMG/Graf/Believe), il nuovo EP di AmbrOsino.

Ambrosino Massimiliano, in arte solo AmbrOsino, è un cantastorie nato a San Giorgio a Cremano in provincia di Napoli. I suoi brani trovano la propria dimensione nel viaggio che lega un passato e un futuro musicale radiosi e identitari, con ancora una volta protagonista quella Napoli officina e laboratorio di nuove idee e guizzi sonori trascinanti e originali.
Ha all’attivo 2 album, l’omonimo “AmbrOsino” (2015) ed “Edicola Votiva” (2018).
Nel 2019 Pietra Montecorvino sceglie di reinterpretare “‘Na Mullica ‘E Pane”, brano presente in “Edicola Votiva”, per il suo l’album “Rigina”.

Il suo nuovo EP “3 ‘O Figlio D’’O Rre” si sviluppa in 6 tracce, scandite da un’acuta ritmicità, permeabili e generose a firma di Ambrosino Massimiliano, che in prima persona ha curato anche la produzione artistica, affiancato da Enzo Foniciello al coordinamento musicale e al basso, Luca Mignano alla batteria e Stefano Bottiglieri alle tastiere. La registrazione e i mix sono stati affidati a Stefano Formato. La produzione esecutiva è di Carlo Antognetti.

L’EP, registrato nel centro storico di Napoli, è un piccolo viaggio tra la West Coast, Rio De Janeiro e la stessa città ai piedi del Vesuvio, caratterizzato da sonorità che si mescolano ridefinendo i confini geografici, in stile Contemporary R&B con cui il cantastorie napoletano sembra sentirsi perfettamente a suo agio.

Spiega l’artista a proposito dell’EP: “3 ‘O Figlio D’’O Rre” si rifà alle mie origini rapportate ai nostri giorni, ai miei ascolti, al mio modo di guardare alla musica, anche d’oltreoceano. “3” per il mio terzo progetto, “‘O Figlio D’’O Rre” per citare la terza “voce”, declinata al maschile, del gioco della cavallina.
La cavallina era un gioco semplice della mia infanzia, innocente e pulito, con cui i bambini si confrontavano, competevano anche sportivamente, senza l’ausilio dei cellulari, senza interferenze; e le “voci” del gioco variavano da quartiere a quartiere, da città in città”.

Dal nuovo EP è estratto il singolo in rotazione radiofonica “Money And Honey” un brano dai forti rimandi newyorkesi e non solo nella sonorità, bensì anche il testo esplicito puntella il mondo di Notorius B.I.G., Gucci Mane, Travis Scott, rivelando quella frontiera che spesso, non solo, non separa la legalità e l’illegalità di alcuni rapper, anche nostrani, ma perfino a volte la confonde. Ed è sempre più un dato di fatto constatare quanto le periferie della Napoli di oggi somiglino a quelle di NY degli anni ’80 e ’90.

Qual è il messaggio contenuto nel brano Money and Honey e cosa ti ha ispirato la sua scrittura?

Il messaggio è sempre positivo, è un invito a non lasciarsi ammaliare dai soldi facili, perché nulla ci è dato senza conquista, senza sacrificio. E alla base ci sarebbe un discorso lungo da fare sulla scolarizzazione, sull’arte e sulla musica che dovrebbero essere un faro continuamente acceso su alcune realtà di periferia che vivo costantemente. Per questo brano, sono stato ispirato da un documentario su Notorius B.I.G., quel mondo e mood d’oltreoceano, che troppo spesso sento molto vicino alle periferie della mia Napoli.

In una società dell’apparire abbiamo smesso di essere ed è quanto la tua canzone mi ha trasmesso, cosa ne pensi della continua ricerca dell’apparire? 

È davvero avvilente. Capisco quanto sia necessario per la “moda” seguire fenomeni del momento, ma questo andazzo dura oramai da moltissimo tempo. Bisognerebbe invece ricercare la bellezza delle cose, attraverso la via dell’arte, stipare la semplicità, la cura per le parole, rimodulare le tensioni, rallentare, decisamente rallentare questo pazzo mondo.” 

Abbiamo dimenticato ciò che è realmente importante nella vita dando urgenza a ciò che urgente non è? 

Dici bene. È diventato tutto urgente, in questo modo ci stanno forgiando, così drogano le menti delle nuove generazioni. Si arriverà irreparabilmente a un doloroso scontro per resettare tutto e gestire nuovamente l’urgenza, che a parer mio, al momento, è una sola: curare l’ambiente, il territorio e le fragili comunità.

Tutto questo accade perché non abbiamo il coraggio di fermarci e ascoltarci, perché abbiamo paura di rompere gli schemi nell’incertezza di cosa ci aspetta?

Sì. Lo dicevo prima: rallentare. A volte perché no, è doveroso fermarsi per poter ascoltare i bisogni su più longitudini, quelli della dirimpettaia, così come quelli del pianeta. E lo abbiamo visto in poche settimane con il Lock Down come la natura si è ripresa i suoi spazi, come il mare e i fiumi hanno smesso di tossire immondizia. Credo che non ci sia alternativa, rallentare, fermarsi e fare.” 

Cosa ci puoi raccontare del video che accompagna la canzone?

Il video è stato realizzato da un giovane videomaker abruzzese, Nicola Calabrese, con il quale ho già collaborato per il videoclip di AUM! (il singolo precedente), e anche questa volta mi sono affidato alla sua verve al suo linguaggio che sento vicino al mio; ed infatti Nicola, ha voluto raccontare attraverso le immagini, alcune sfumature sugli “eccessi”, sui “vizi”, che il più delle volte portano ad un corto circuito, mettendo a repentaglio la vita stessa.”  

Possiamo trovare un filo conduttore tra tutte le canzoni del tuo EP?

Assolutamente sì. Queste canzoni sono nate durante il periodo della pandemia, ed è probabilmente tangibile questo desiderio di lasciarci tutto alle spalle, di riemergere e riprenderci in mano la nostra vita, le nostre giornate, con un bagaglio di esperienza in più che questo periodo ci ha insegnato, sperando che possa essere un monito a fare meglio, a fare il giusto.” 

Cosa secondo te accomuna le periferie di Napoli a quelle di NY anni ’80 e ’90?

Il disagio, l’assenza completa di guide, delle istituzioni; la rabbia e la prepotenza viene fuori anche per questo. Regna la legge del più forte, del più furbo, delle bande. Sono comunità depresse e lasciate il più delle volte senza margini per i cambiamenti

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ci sono diverse cose in pentola, quella che più mi sta a cuore è quella di portare la mia musica, quanto prima, in giro per la penisola. E il nuovo anno porterà un mio brano in corto indipendente.” 

Mi piace abbinare la musica alla cucina e quindi ti chiedo se tu fossi un piatto che piatto saresti e perché?

“Spaghetti alla Gennaro”, il piatto preferito di Totò, un piatto all’apparenza semplice, con ingredienti mediterranei che bisogna abbinare e dosare bene: acciughe, pane raffermo, pomodorini, basilico e peperoncino… insomma un mix di sapori che inebriano e colorano una giornata.

Pino Daniele “Tutto quello che mi ha dato emozione viene alla luce” è il libro di Alessandro Daniele

L’autore lo presenterà domenica 20 novembre a Milano, presso Mondadori Mega Store di Piazza Duomo, alle ore 18.30, in occasione di Bookcity Milano.

Pino Daniele – “Tutto quello che mi ha dato emozione viene alla luce” è il libro sul mitico “Mascalzone Latino”, scritto dal figlio Alessandro ed edito da Rai Libri, disponibile in libreria e negli store digitali.

L’autore lo presenterà domenica 20 novembre a Milano, presso Mondadori Mega Store di Piazza Duomo, alle ore 18.30, in occasione di Bookcity Milano.

L’incontro con Alessandro Daniele sarà moderato da Massimiliano Finazzer Flory, attore, drammaturgo e registra teatrale.

La vita e le circostanze che stanno dietro l’arte e le canzoni di Pino Daniele: dall’infanzia all’esplosione del suo straordinario e incredibile talento creativo, dagli anni della consacrazione musicale al successo internazionale.

Napoli e i suoi mille colori, i sentimenti che vivono e fioriscono tra gli accordi: dall’amore per la chitarra scoperto da ragazzo tra le strade di un basso napoletano alla certezza di non poter stare senza fare musica. Un viaggio che ha come punto di partenza e di arrivo assoluti la musica. Il libro è l’omaggio di un figlio a un padre, ma anche un documento che ripercorre i primi anni della carriera dell’artista, album dopo album. E in mezzo la vita. Alessandro Daniele racconta il musicista fiero della propria notorietà e al tempo stesso timido di fronte all’immensa popolarità. L’uomo che attraverso le proprie note e la propria voce ha sedotto (e mai abbandonato) milioni di fans.

«Questo è per me un documento che mette insieme l’uomo e l’artista – dichiara Alessandro Daniele – perché non credo esista una separazione tra i due. Il libro traccia un percorso cronologico della sua vita, racconta il momento in cui papà incontra se stesso, deve farci i conti e trovare l’equilibrio, anzi l’armonia, e risulterà essere il rapporto più complicato che dovrà gestire nella sua vita. Ho cercato una formula nel segno di una compartecipazione sana del lettore, che non è quella di guardare dal buco della serratura. La narrazione così ha assunto una duplice finalità: da una parte la storicizzazione, dove i racconti danno conto della radice artistica di mio padre; dall’altra, invece, la sua esperienza umana, che si riflette nelle sue opere come nel titolo di questo libro – “Le sofferenze, i disagi, i sacrifici, le persone che ho amato, tutto quello che mi ha dato emozione viene alla luce” – è anche una testimonianza di inclusione sociale in vari ambiti e che spero possa essere da esempio a chi ha bisogno, per chi si ferma davanti alla prima difficoltà».

I proventi del libro sostengono “i suoni delle emozioni” per il contrasto alla povertà educativa ed il disagio scolastico, un progetto che Alessandro Daniele cura da qualche anno con la Fondazione Pino Danielee che si basa sul sistema di valori di suo padre, atto ad utilizzare la musica come linguaggio per comunicare gli stati d’animo ed i sentimenti (info: www.fondazionepinodaniele.org).

Alessandro Daniele (Napoli, 1979)è project manager e produttore artistico in ambito musicale. Secondogenito di Pino Daniele, ha lavorato per quindici anni con il padre, diventandone in breve tempo il personal manager. È docente di varie discipline dell’organizzazione e della gestione dello spettacolo al conservatorio di Musica Giuseppe Verdi di Milano. Dirige la Fondazione Pino Daniele ETS per il perseguimento delle attività sociali e benefiche intraprese dal padre, preservandone la memoria attraverso iniziative culturali e musicali in suo nome, laboratori di ricerca musicale e la formazione artistica di giovani talenti.

Sgrò e l'ampio respiro dell'Io

Sgrò e l’ampio respiro dell’Io

“Non siamo al centro del mondo” feat. Fanfara Station è il nuovo singolo del cantautore Sgrò.

 “Non Siamo al Centro del Mondo” feat. Fanfara Station (https://ada.lnk.to/nsacdm) distribuito da ADA Music Italy è il nuovo singolo del cantautore Sgrò, in collaborazione con il trio cosmopolita che fonde fiati ed elettronica ai ritmi e canti del Maghreb. La canzone è un invito ad allontanarsi dal calcolo sicuro e comodo della propria quotidianità. Anche a livello musicale la canzone esorta alla scoperta e alla contaminazione, con la fusione di due mondi molto diversi tra loro, quello più cantautorale di Sgrò e quello più world music dei Fanfara Station.

Realizzato con il sostegno di Italia Music Lab e con la direzione artistica di Carlo Alberto Giordanil video di “Non Siamo al Centro del Mondo” parla di confini. Tramite la tematica del viaggio, infatti, ci troviamo dentro una cartina geografica sconosciuta che si riflette sul paesaggio interiore di chi ha deciso di attraversare le proprie frontiere. A una nuova geografia fisica, quindi, corrisponde una geografia emotiva altrettanto nuova. I panorami fuori da noi dialogano incessantemente con i nostri scenari interiori fino a confondersi e contaminarsi l’uno nell’altro. Questa fluidità è resa efficacemente dai tratti mutevoli, primitivi ed evocativi di Luca Di Battista, illustratore e animatore del video.

Intimo, metaforico e autoironico, Sgrò ha pubblicato il suo primo album lo scorso 19 novembre. “Macedonia” (https://sgro.lnk.to/MACEDONIA) è uno sguardo sensibile, inusuale ed evocativo sulla quotidianità. La voce del cantautore, a tratti apatica, eppure sempre molto espressiva, ci offre con queste canzoni la sua macedonia, le sue emozioni tagliate in piccoli pezzi, aspri e dolci. A livello musicale, il cuore del progetto è un profondo amore per le produzioni di Battisti e di Battiato a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, con riferimenti stilistici più contemporanei che sono una sorta di preziosa speziatura all’interno delle canzoni: Homeshake, Mild High Club, Glass Animals, Frank Ocean.

“Non Siamo al Centro del Mondo” è il tuo nuovo brano e già dal titolo possiamo intuirne il significato.

“Non siamo al centro del mondo è una frase che dico a me stesso ma è anche un invito agli altri a non continuare ad assecondare sempre tutto ciò che fa comodo perché si perde molto. Ci sono tanti sapori che ci possono sembrare sgradevoli solo perché non siamo più abituati, quindi è solo questione di abituarci di nuovo. C’è tanto caos fuori, il mondo è tanto complesso e tutto questo sta provocando una regressione nell’Io quindi è necessario trovare un respiro più ampio che ci aiuti a tornare fuori dal proprio Io.” 

Infatti, quando ho ascoltato la canzone, l’ho interpretata come se fosse un Io che parla con se stesso perché tu canti di scuse che ti bloccano, di smettere di giudicarsi anche se gli altri ti indicano.

“Assolutamente si! Infatti nella versione originale il ritornello era “Non sono al centro del mondo”. Quando poi l’ho finita e riascoltata ho notato che sembrava troppo ripiegata su me stesso. Portandola al plurale, la canzone, ha avuto un respiro più ampio.”

Così la canzone stessa ha assunto un margine più ampio di interpretazione permettendo all’ascoltatore di pensare di più.

“Esatto! Quello che ho voluto trasmettere a livello di testo abbiamo provato a ricrearlo nell’arraggiamento con i Fanfara Station. Ho voluto inserire la poetica di Sgrò all’interno della World Music dei Fanfara perché è stato come dire: “Non siamo al centro del mondo musicale.”

Francesco Sgrò, in arte Sgrò, esordisce a marzo 2020, pochi giorni prima del lockdown, con il singolo “In Differita” (https://www.youtube.com/watch?v=jo9riqjrr_0), il cui video è stato inserito dalla rivista DLSO tra i 20 video più belli del 2020 e selezionato per l’edizione 2022 del Guarimba Film Festival. Successivamente escono i brani “Le Piante” (https://www.youtube.com/watch?v=oqYSIftwyUA), “Maledizione” (https://www.youtube.com/watch?v=bH4i9P3Au-w) e “Stai Bene” (https://www.youtube.com/watch?v=b0flNRzwAp0), canzoni che entreranno nel suo album d’esordio “Macedonia” (https://sgro.lnk.to/MACEDONIA), uscito il 19 novembre. Nell’estate 2021 Sgrò si esibisce lungo tutta la riviera adriatica (da Comacchio in Emilia Romagna fino a Peschici in Puglia) nel “Manchi solo tour”, un tour per strada (a questo link il riassunto dell’esperienza: https://youtu.be/R_WdZGFEkKA) e partecipa a festival come il Lumen di Vicenza, il Ripartire di Lucca, il Viareggio Music Festival e il MEI di Faenza. Negli ultimi mesi suona al Passatelli in Bronson a Ravenna, a Casa Sanremo grazie alla selezione di Rockit e Officine Buone, per Sofar e come finalista del Premio Bindi 2022. Ph Vanessa Pinzoni

Quando hai scritto il testo di questa canzone?

“Il testo di questa canzone l’ho scritto a marzo di quest’anno ed era un periodo nel quale avevo ripreso a suonare live. È stato un momento di apertura e rimettersi in gioco su un palco, inconsciamente, mi ha stimolato molto infatti mi era tornato in mente un ricordo di circa dieci anni prima quando una sera, ad un concerto, mio fratello, venuto a trovarmi a Bologna, mi disse: “Francesco, se tu morissi ora la musica andrebbe avanti lo stesso, non sei al centro del mondo.” Era stato come dirmi di non rimandare niente, di agire. Questo ricordo è tornato alla mente dopo aver scritto il testo della canzone quindi avrà agito sicuramente a livello inconscio.”

Ti chiedo questo perchè visto il tema della canzone e della parole che tu hai detto come tornare a respirare e cantate come le scuse che ti hanno bloccato ho pensato che questa canzone fosse la conseguenza del periodo che ci ha visti tutti bloccati in casa fisicamente ma che ci ha lasciato liberi di viaggiare con il pensiero, per chi ci è riuscito.

“Assolutamente si, mi hai fatto venire in mente che il testo l’ho scritto poco dopo aver contratto il COVID ed essere stato costretto a restare 15 giorni in camera. La canzone infatti fa riferimento anche a mettere il corpo fuori e come dicevi nel periodo che ci ha visti tutti bloccati, chi lo ha fatto, è riuscito ad uscire ugualmente con il pensiero. Per il corpo è stato terribile perché vedevamo l’altro come un pericolo tanto da evitarne il contatto.”

Ho visto il videoclip che accompagna la canzone e l’ho interpretato come se raccontasse i pensieri di chi, chiuso in casa, non potesse uscirne fisicamente.

“È perfetto perché è proprio così! Il video è stato realizzato grazie al sostegno di Italia Music Lab, in seguito ad un bando a cui ho partecipato e vinto. Abbiamo scelto l’animazione perché riguarda il mio mondo perché la voce di Sgrò è a tratti anche infantile e delicata e quindi le illustrazioni di Luca Di Battista mi sembravano potessero essere in linea con il progetto visto il suo stile ricco di colori e vitalità. Già con la mia canzone “In differita” avevo realizzato un video animato con le illustrazioni di Giulia Conoscenti.”

Mi piace abbinare la musica alla cucina e quindi ti chiedo se tu fossi un piatto che piatto saresti e perché?

“Come Sgrò sarei sicuramente un cornetto alla marmellata di albicocche come quello che mi comprava sempre mia madre quando uscivo da scuola alle elementari. Invece questa canzone mi riporta alla mente il Falafel che vende il mio amico qui sotto casa.” 

www.francescosgro.com

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Un album di rivalsa per i Whiteshark

Un album di rivalsa per i Whiteshark

Il duo urban pubblica l’album d’esordio Brezis Vol.1

“Brezis Vol. 1” (https://bfan.link/brezis-vol1), è l’album d’esordio del duo urban Whiteshark. Scritto dai Whiteshark, “Brezis Vol. 1” è un progetto che prende il nome dallo slang con cui vengono identificati i fan del duo. L’album, incentrato sulla voglia di rivalsa, contiene 10 tracce, tra cui i tre singoli usciti nei mesi scorsi: “Stavolta No” (https://backl.ink/147166085), “Non Risponderò” (https://backl.ink/149165865) e “Cachet”. I due ragazzi della provincia milanese si muovono tra sonorità rap, trap e pop, strizzando l’occhio anche alla dance e al raggaeton.  

Dopo aver ascoltato l’album ho avuto la sensazione che questo vostro progetto contenesse un insieme di emozioni e momenti vissuti nel passato quando vi siete fermati a capire chi foste, poi uno sguardo al futuro per dirci chi volete essere e cosa volete fare ma soprattutto è un album radicato nel presente perché è come se diceste noi ora siamo questi al di là di chi eravamo e di chi saremo ed un primo obiettivo l’abbiamo raggiunto al di là di ciò che ci hanno detto in questo anni.

Scave: “È tanta roba è l’analisi perfetta! In questo disco c’è tanto di quello che abbiamo vissuto. Abbiamo voluto cancellare i fantasmi del passato ad esempio con la canzone “Stavolta no” e “Non risponderò”. Poi c’è il presente perché diciamo: “Noi siamo questi e vogliamo raggiungere un obiettivo e anche se tu ci guardi male ed ogni cosa per te non va bene noi comunque andiamo avanti per la nostra strada!”. Ed ancora quello che diciamo in SisSi “nonostante tutto siamo ancora qui”. Infine questo album strizza l’occhio anche al futuro e cioè al prossimo obiettivo. Quindi l’analisi è veramente bella.”

Proprio sugli obiettivi raggiunti nella canzone “Brezis (No Brezis? Exit!)” cantate di tutta quella gente che è pronta ad acclamare il prossimo solo nei momenti di successo infatti cantate:“Tu dicevi che, ma quando, lo sapevi che, ma quando , sempre presente, ma quando, amici da sempre, ma quando, ma quando, ma quando mai!”

Simoroy: ” Esatto perché la classica persona che dirà sempre “Quel gol lo facevo anche io” ci sarà sempre in ogni ambito. Ci sarà sempre qualcuno che nella vita si sentirà più in alto di te e che vorrà distruggerti e buttarti a terra. Quello che penso è che bisognerebbe essere più onesti con gli altri anche quando si chiede un consiglio.” 

Scave: “Quello che cantiamo in questa canzone l’abbiamo vissuto in prima persona perchè, quando le cose andavano bene, molti saltavano e quando le cose non andavano bene non li sentivi più e quindi questa traccia ci è uscita proprio di getto perché abbiamo detto: “Ah si, sei Brezis solo quando vuoi tu?”

Daniele Scavetta, in arte “Scave”, e Simone Filipazzi, in arte “Simoroy”, insieme formano il gruppo “Whiteshark”. Si conoscono per la prima volta a un contest live di Milano e successivamente si rincontrano in uno studio di registrazione a Muggio (MB) per puro caso. Dopo un po’ di featuring reciproci con i nomi d’arte Scave e Simoroy nel 2018 decidono di formare il gruppo Whiteshark esordendo con un EP di 4 tracce dal titolo “Quanto Basta” condito da due videoclip: “Muovilo” e “Non fa per me”. Successivamente escono vari altri singoli, tra cui “Accelera” in collaborazione con il noto rapper Vacca. Nel frattempo iniziano a girare per l’Italia aprendo eventi importanti come il concerto di Shiva al Carroponte davanti a 3000 persone e partecipando, di recente, alle campagne di sensibilizzazione di Wall Of Dolls, Onlus ideata da Jo Squillo. A settembre è uscita “Stavolta No”, la prima traccia del nuovo progetto del duo urban. 

Queste tracce raccontano di ciò che avete vissuto voi due insieme come Whiteshark o singolarmente come Scave e Simoroy?

Scave: “Tutte e due, sia a livello di Whiteshark che personale. Quando io scrivo la mia strofa e Simoroy la sua e ci accorgiamo che la traccia è troppo personale la rivediamo insieme per dare la giusta armonia.”

Qual è il filo conduttore di tutte le canzoni dell’album?

Scave: “Questo gruppo è nato perchè sia io che Simoroy, pur essendo la nostra storia personale diversa, avevamo la stessa voglia di rivalsa e la stessa fame quindi su questi aspetti eravamo in sintonia. Sommando le nostre energie abbiamo deciso di dare al duo il nome Whiteshark. Questo album è incentrato sulla nostra voglia di rivalsa e sul toglierci un po’ di sassolini dalle scarpe.”

Il titolo dell’album Brezis Vol.1 ci fa pensare che in futuro ci saranno altri volumi. Avete scelto questo nome come dedica ai vostri fan?

Simoroy: “Esatto, perché se noi abbiamo la possibilità di fare musica lo dobbiamo a tutti coloro i quali ci ascoltano e per questo abbiamo deciso di chiamarlo come la nostra fanbase. Non c’era titolo più adeguato da dare a questo disco.”

L’album si chiude con il brano “Il titolo sceglilo tu”, perchè questa scelta?

Simoroy: “Con questa traccia abbiamo detto a tutti coloro i quali ascoltano il brano di scegliere il titolo che più piace perché chiamarlo Netflix, visti i riferimenti nel testo, sarebbe stato troppo banale. Questo ci permette di organizzare anche delle challenge sui social, quindi per essere più originali abbiamo deciso di chiamarla così in modo che ognuno sia  poi libero di creare il proprio film.”

Dove nasce l’ispirazione dei vostri testi?

Simoroy: “Quando si soffre e si vivono le situazioni in prima persona i testi li senti maggiormente. Quando li scrivi perché senti qualcun altro raccontare delle situazioni vissute, le puoi solo interpretare. Più vivi, più subisci, più emozioni provi e più sei in grado di descrivere quello che senti in quel momento particolare. È bello quando chi ascolta l’album ci descrive le proprie sensazioni perché come artista pensi che quello che hai scritto sia arrivato e che sia stato colto quello che tu volevi dire. Oggigiorno sono pochi quelli che si soffermano sui testi perché si pensa solo a vedere se si ha il rolex o la cintura di Louis Vuitton e se fai le stories.” 

Scave: “Durante il lockdown è stato difficile scrivere canzoni anche se in quel periodo abbiamo progettato come far uscire l’album visto che era già finito. A livello di scrittura di nuovi testi, non potendo vivere, abbiamo avuto molta difficoltà perché noi scriviamo quello che viviamo. Invece in questi ultimi dieci giorni abbiamo scritto l’equivalente di due dischi ed è uscito tutto di getto.”

Cosa state progettando questa estate?

Scave: “Il live è la cosa a cui ci teniamo di più. Ci piace fare questo paragone calcistico e cioè quando sei in studio di registrazione è come se fossi sul 2-2 e poi il live è il 3-2 ai supplementari. Sul live curiamo tutti i dettagli coinvolgendo molto il pubblico dimostrando tutto l’affetto che proviamo nei confronti dei nostri Brezis.” 

Di seguito la tracklist:

  1. Intro
  2. Stavolta No
  3. Non Risponderò
  4. Cachet
  5. No Cash No Party
  6. Guardi Male
  7. Brezis (No Brezis? Exit!)
  8. Me Lui Noi
  9. SIsSI
  10. Il Titolo Sceglilo Tu

Intro (start)
È la traccia che apre il disco, una presentazione che evidenzia subito l’approccio e la determinazione caratteristica delle tracce successive.
Stavolta no
Attraverso la seconda traccia si può notare una sorta di autoanalisi. I Whiteshark questa volta vogliono giocarsi bene le carte e non schiantarsi, convincendo prima loro stessi e poi gli altri.
Non risponderò
La terza traccia rimane ancora sulla scia riflessiva della traccia precedente e in particolare racconta come i rapporti velenosi possano portare ad autodistruggersi se non si ha il coraggio di agire e reagire.
Cachet
In questo brano cambia completamente il mood: testo diretto, provocatorio, dove esce fuori tutta la voglia di emergere e trasformare la musica in un lavoro.
No cash no party
Qui c’è una piccola denuncia sociale, ovvero la triste verità che gira tutto intorno ai soldi.
Guardi male
Questo brano è un vero e proprio sfogo, all’interno del quale i Whiteshark esortano ad agire senza preoccuparsi dei giudizi altrui.
Brezis (No Brezis?Exit!)
Brano che ha il titolo del disco. I BREZIS sono tutti i fan dei Whiteshark, tutte le persone che si rivedono nella loro musica e nei loro testi. È un invito anche per gli haters e per tutti quelli che hanno pregiudizi a non ascoltarli e ad uscire dalla Brezis Family – No Brezis? Exit!
Me, lui, noi
Traccia contro gli ANTIBREZIS, con l’intento di rafforzare la realtà che i due ragazzi stanno costruendo, ovvero la “Brezis Family”.
SisSi
La penultima traccia è puro fuoco, dove viene rimarcato il fatto che nonostante tutto quello che i ragazzi hanno passato, lottano ancora come squali bianchi.
Il titolo sceglilo tu
Nell’ultima traccia viene preso Netflix come ispirazione. Due strofe due con prospettive diverse: la prima parla di un rapporto di coppia da film, la seconda di quanto, a causa del troppo abuso di Netflix, si sia complicato il rapporto sociale. Ogni ascoltatore avrà una visione soggettiva del brano, da cui il titolo.

Un viaggio nelle mente di Irìda

Nemico mio è il nuovo brano della cantautrice marchigiana

“Nemico Mio” è il nuovo brano di Irìda, giovane e raffinata cantautrice marchigiana di origini albanesi e serbe. Il singolo pubblicato dall’etichetta discografica DME è disponibile in radio, in tutti i Digital Stores e sul canale ufficiale YouTube dell’artista: https://youtu.be/R8oX75__0pc

In “Nemico mio” Irìda descrive i due personaggi contrastanti della sua personalità che combattono ognuno per la propria prevalenza: uno rappresenta la parte razionale e umana mentre l’altra rappresenta la tentazione, la ribellione e la seduzione che cerca di ostacolare e prendere il sopravvento, il “nemico mio”. L’epilogo descrive come una parte non può vivere senza l’altra completando insieme la personalità dell’autrice.

Quante volte ci è capitato di sentirci ostacolati da noi stessi, di sentirci il nostro nemico più infido? Probabilmente fin troppe, ed è proprio per questo che nasce questo singolo.

“Nihil inimicius quam sibi ipse” letteralmente “nulla ci è più nemico di noi stessi” disse Cicerone e rappresenta a pieno il concetto di “Nemico Mio”: combattere con se stessi cercando di non farsi sopraffare dal proprio io negativo.

Ascoltare questo singolo è come intraprendere un viaggio all’interno della mente dell’artista, come se stessimo leggendo una pagina del suo diario. 

Qual è il significato di Nemico mio? 

“Nemico mio è una canzone che ho scritto nel 2017 e racconta di quei momenti nei quali mi sento ostacolata da me stessa e cerco di reagire per non sentirmi oppressa da questa sensazione, da questo io negativo che descrivo come le mie paure. Ho deciso di pubblicarla quest’anno perché prima non la sentivo ancora pronta. Dopo aver conosciuto ed iniziato a collaborare con il produttore Andrea Mei abbiamo deciso di pubblicarla.”

Sicuramente questo è il periodo giusto per questa canzone perchè quello che abbiamo passato negli scorsi anni ci ha permesso di fermarci, di ascoltarci e fare i conti con noi stessi.

“Esatto è proprio così, forse è stata una casualità. Tutti abbiamo affrontato un periodo terrificante quindi si, sono d’accordo con te, è stato il momento giusto.”

All’inizio della canzone tu canti “ora non so cosa fare senza te” riferendoti proprio all’Io negativo e alle tue paure.

“Si, sono i miei stati d’animo, perché sono una persona con delle paure ma sono proprio queste paure che mi spronano e che mi permettono di raggiungere i miei obiettivi superando gli ostacoli. Questa parte della canzone è ben visibile nel videoclip che è chiaro e coerente con il testo che ho scritto.”

Proprio sul videoclip ho una curiosità perchè all’inizio del video sei nella vasca vestita di bianco e poi vestita di nero con delle lenti a contatto che ti cambiano il colore degli occhi. Alla fine del video sei vestita di nero ma senza le lenti a contatto. Vuol dire che hai preso coscienza che il tuo lato oscuro è comunque una parte di te?

“Esatto è proprio così! La parte nera è la parte ribelle, sono appunto le mie paure ed hai detto bene perché alla fine del video, quando sono vestita di nero, non porto più le lenti a contatto perchè la parte razionale, quella buona e sensibile, ha riconosciuto l’altra parte di me. Non è un caso che io abbia scelto questa canzone per fare il primo videoclip.” 

Progetti futuri?

“Fino ad ora ho scritto e prodotto altre canzoni che sono terminate ma non ancora pronte per essere pubblicate, sto aspettando il momento giusto e quel pizzico di coraggio che ci vuole sempre.”


Cos’è che ispira la scrittura delle tue canzoni?

“In tutte le mie canzoni parlo in prima persona come fosse una sorta di diario anche se non tutti i testi raccontano di emozioni o di eventi che sono realmente accaduti. A volte sono delle sensazioni che provo, altre immagini che vedo intorno a me e che mi ispirano una storia. Mi piace raccontare l’amore, l’amicizia, la vita e tutto ciò che ne fa parte. Quando scrivo ho l’intento di rendere la mia musica orecchiabile ed intuitiva.”

A me piace abbinare la musica alla cucina e quindi ti chiedo se tu fossi un piatto che piatto saresti e perchè?

“Io sarei sicuramente un piatto di pasta alla caprese perché è un piatto fresco, curioso e tradizionale. Io tengo molto alla tradizione nel rispetto della musica  ed anche per i colori del piatto perché il rosso del pomodoro esprime il coraggio, il bianco della mozzarella l’umiltà e la purezza ed infine il verde del basilico che è la speranza.”

Nemico Mio è prodotto da Andrea Mei e Marco Mattei. Mei è l’ex tastierista dei “Gang” ed autore e produttore per molti gruppi e cantanti italiani e stranieri, soprattutto per i Nomadi per cui ha scritto molti successi tra cui “Io voglio vivere” e “Sangue al cuore”. Attualmente segue la carriera di Danilo Sacco, ex voce dei Nomadi, per la Dm Produzioni. Marco Mattei è batterista di Danilo Sacco e produttore per molti artisti italiani, tra cui Anna Oxa e John De Leo; ha lavorato anche con artisti internazionali come Maria Josè, artista messicana arrangiando e suonando l’album disco di platino e poi d’oro “amante de lo bueno”.

Cenere: Il nostro è un grido di libertà

Cenere: Il nostro è un grido di libertà

“A testa in giu”, il nuovo brano del duo tutto al femminile, sintetizza alla perfezione la voglia di riprendersi a piene mani la libertà perduta.

È disponibile in digitale “A testa in giù” (ascolta qui) (ADA Music Italy), il nuovo brano di Cenere, il duo indie rock composto da Sarah Fornito, ex cantante di Diva Scarlet e Decana, e Rebecca Dallolio, violinista di formazione classica.

Per il nome del duo, le artiste hanno scelto di farsi ispirare dalla mitologica figura della fenice, che dopo le difficoltà rinasce dalle proprie ceneri, forte di una resilienza che lo stesso duo bolognese si è riscoperto possedere, dopo il difficile periodo che abbiamo attraversato a causa della situazione pandemica.

 “A testa in giù” nasce come una riflessione figlia dei nostri tempi e rappresenta un vero e proprio grido liberatorio: in una manciata di minuti sintetizza alla perfezione la voglia di riprendersi a piene mani la libertà di viaggiare, toccarsi, suonare e ricominciare a respirare con la faccia scoperta. 

Una vincente miscela tra sonorità pop e rock caratterizza questo brano dal messaggio ben chiaro, che esige di essere ascoltato: bisogna riprendere in mano la propria vita, avere il coraggio di sfogarsi per catartizzare definitivamente le difficoltà affrontate. 

Sarah Fornito nasce a Bologna nel maggio del 1980. Nel 1996 incontra Cecilia Bernardi con cui fonda la rock band Diva Scarlet, pubblicano 2 album: “Apparenze” nel 2004 (Mescal/Sony) e nel 2009 “Non+Silenzio” (prodotto da Giulio Ragno Favero). La band apre i concerti di Afterhours, Litfiba, Zucchero, Marlene Kunz, Meg, Verdena, Massimo Volume, Modena City Ramblers e moltissimi altri. Nello stesso anno la band conquista il palco del Concerto del Primo Maggio a Roma e una lunga tournée in Olanda, Germania, Spagna, Bosnia, al termine della quale pubblicano l’EP “Give me Just one reason for”. Nel 2013 Sarah e Cecilia fondano Decana con una nuova formazione, pubblicando l’omonimo album “Decana”, prodotto da Umberto Maria Giardini (Moltheni). Ph Ramiro Castro Xiquez

A Testa in giù, qual è il significato della canzone?

“Questa canzone è un grandissimo sfogo nato durante il periodo del lockdown. È l’insofferenza vissuta verso i DPCM che cambiavano in continuazione, il non sapere cosa avremmo potuto fare o non fare, concerti che non c’erano più. Questo testo è nato alle tre di notte tutto d’un getto ed è stato liberatorio.”

Guardando  il video, rapportandolo al testo, ho pensato che a testa in giù volesse dire guardare da un altro punto vista tutto ciò che avviene. 

“Si è anche assolutamente così. Nel video tutte le persone hanno il volto coperto, chi ha una pentola sul viso, chi uno stura lavandini. Ci siamo inventati di tutto pur di resistere a questo periodo di grande disagio e noi essere umani siamo abituati ad adattarci alle situazioni e quindi ecco il cambio di punto di vista anche artistico perché è un voler dire: «Trasformiamo questo momento di disagio in momento creativo!»”

Nel video, ci si trova in una casa reinterpretata da gesti e posizioni innaturali creati con gli oggetti di tutti i giorni. Gesti estremi, situazioni assurde che sottolineano sia lo stress della condizione di isolamento forzata che il tentativo di sperimentare per evadere con la creatività. Il concept è stato ideato da ADVISTA cinema communication agency di Padova, fondata da Livia Rodà e Giuseppe Tommasini.

Trova spazio il sublime linguaggio dell’arte, grazie alla reinterpretazione di alcune opere, tra cui spiccano “One minute Sculptures” di Erwin Wurm e “How to not destroy your tights” di Maurizio Di Iorio. Questi sono solo alcuni degli omaggi e ispirazioni a cui si è scelto di dare vita, facendoli muovere e cantare: lo scopo era liberarli dalla staticità della foto. Una staticità che noi tutti, per troppo tempo, abbiamo condiviso.

Rebecca Dallolio nasce a Bologna nel novembre del ’93. Violinista di formazione classica, si laurea a pieni voti al conservatorio di Bologna in violino e in musica d’insieme. Rebecca è violinista nell’Orchestra Senzaspine dalla sua nascita. Da qui, poco dopo viene alla luce il gruppo Novensemble, del quale fa parte dal 2014. Collabora con numerose orchestre, come l’Orchestra Filarmonica Italiana e l’Orchestra LaCorelli con le quali ha partecipato ad eventi del calibro di Radio Italia Live, Ravenna Festival e Heroes Festival. Dal 2004 al 2013 collabora con Diva Scarlet e Decana. Nel 2019 Sarah e Rebecca si ritrovano a un live dove nasce la prima scintilla del progetto Cenere. Con il primo singolo “Che differenza fa” si aggiudicano il premio “Suoni d’Ambiente” e adesso sono pronte al ritorno in grande stile con il brano “A testa in giù”, in digitale dal 27 maggio. Ph Ramiro Castro Xiquez

E qui il vostro nome “Cenere” è perfetto perché è la cenere che precede la rinascita della Fenice e quindi si collega benissimo alla canzone.

“Il nome della band è un voler fissare questo momento storico molto importante che ha visto anche tanta gente cambiare lavoro per reinventarsi. Vedi ad esempio oggi non si trovano più tanti fonici di palco perché, visto tutto quello che è successo negli ultimi due anni, hanno dovuto cambiare lavoro.”  

Mi piace molto la copertina del singolo, cosa ci puoi raccontare?

“Ci tengo molto a citare l’artista che l’ha creata che è Benedetta Bartolucci, una mia carissima amica con la quale collaboro artisticamente da tantissimi anni, anche musicalmente, perché suona e canta anche lei.  Ho visto questa parte di una sua opera e le ho chiesto se potesse essere la copertina della canzone perché ne esprime proprio il senso . È come se la testa fosse un vaso e fiori fossero i pensieri.”

E quindi sarebbe bello sapere se il petalo ed il fiore stanno cadendo o stanno tornando al loro posto. Mi è piaciuto interpretarlo, capovolgendo l’immagine, come i sogni che pian piano ritornano da noi quando ritroviamo noi stessi.

“Un petalo caduto anche inteso come un qualcosa che hai perso ma che poi comunque si rigenererà. Il bello dell’arte è che ognuno la può vivere interpretandola in modo personale ed è bello anche così non svelando il significato. Sono interpretazioni ed illuminazioni e sono il bello della musica, del teatro, del cinema e dell’arte in generale. La fantasia deve essere libera.”

Progetti futuri?

“Il progetto futuro è il live per poter sfogare tutto sul palco. Il  24 Luglio abbiamo una seconda data a Bologna. Il live crea tantissime emozioni perché hai le persone lì vicine a te ed è quello che ti fa godere veramente. Un live è insostituibile e l’artista stesso, a seconda di cosa trasmette il pubblico, riesce ad esprimersi al meglio e quindi l’interpretazione live può cambiare rispetto alla versione contenuta nel disco.”  

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Emmegi: Ognuno è libero di essere se stesso basta volerlo

Emmegi: Ognuno è libero di essere se stesso basta volerlo

La nostra estate è la sua canzone pop punk di ribellione contro tutto ciò che ci blocca

Dopo brani dai temi impegnati, Emmegi pubblica un pezzo allegro ed estivo, “La nostra estate” (Orangle Records/Ingrooves), ideata e scritta dalla stessa Emmegi con Nicky Noise e prodotta da Kid Riff. Un tocco di freschezza e spensieratezza dopo il lungo periodo del Covid, che ci ha visti così tutti digitalmente vicini anche e così fisicamente lontani. La cantautrice racconta di un adolescente che, dopo questi anni, vuole ricominciare ad avere la libertà di vivere la vita che purtroppo ha perso. Attraverso il genere pop punk, che indica la ribellione, questa canzone è il voler ribellarsi a tutto ciò che ha bloccato l’adolescente che vuole ricominciare ad innamorarsi senza pensare troppo a ciò che verrà.

Il video è ideato e scritto da Emmegi con Ilaria Fittipaldi. Regia e montaggio: Edoardo Novati. Stylist: Ilaria Fittipaldi. Make up artist: Greta Tavella

Com’è nata questa canzone e qual è il suo significato?

“Questa canzone è nata dall’esperienza che ho vissuto io come tutti i giovani, l’esser stati chiusi per colpa del Covid che ci ha impedito di fare quello che in realtà avremmo voluto. Siamo stati chiusi nel mondo digitale facendo venir meno proprio il contatto fisico e questa canzone è un invito a voler ritrovare il coraggio di vivere a pieno tutte le esperienze.”  

L’esser costretti a non poter vivere tutte queste emozioni ci può aver fatto trovare proprio quel coraggio di cui parli?

“Per tanti sicuramente si, l’esser stati bloccati per tanto tempo rappresenta una spinta più. Molti altri ragazzi oggi si fanno trascinare dall’onda del momento e questo mi dispiace molto perché secondo me se un ragazzo di oggi ascoltasse davvero se stesso riuscirebbe a capire cosa vuole realmente e la sua vita sarebbe diversa. Con questa canzone voglio invitare chi fa fatica a spingersi oltre.”

La canzone si chiama appunto la “nostra” estate anche se nel videoclip che l’accompagna ci sei soltanto tu. Perché questa scelta?

“La canzone parla di un adolescente che sta cercando di comunicare i suoi sentimenti ad un’altra persona. Nel video sembra che le scene avvengano a caso ma non è così, tutto è stato voluto. È il rappresentare che ciò che vogliamo lo possiamo realizzare solo credendoci. Nessuno è nato per essere da solo, nonostante a volte si cerchi proprio la solitudine, perché lì dove non riesce ad arrivare uno ci può arrivare l’altro. Se non hai nessuno con cui farlo allora ci sarà la musica che ti aiuterà.”

Hai detto che sembra che tutto avvenga per caso ed invece non lo è, a questo punto ti chiedo delle scarpe. Ad un certo momento del video si vedono tre paia di scarpe messe in fila e in altri momenti le stesse paia di scarpe vengono divise lasciando quindi solo una scarpa per ogni paio. 

“Ogni cosa che faccio ha sempre un motivo. Le scarpe in particolare è un’idea della mia stylist che io ho abbracciato pienamente. Il senso è sempre la libertà di fare ciò che si vuole come si preferisce ed essere sempre se stessi dimostrandolo nel modo che si vuole. Una canzone può avere diverse interpretazioni e se vuoi mandare un messaggio è giusto farlo nel modo più esplicito possibile.” 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

“Io sono una persona che sogna tantissimo. Un futuro che vorrei è la stabilità, anche se come artista è difficile trovare una stabilità (ride). Ciò che vorrei è ritrovarmi in toto nella musica, vorrei trovarci la mia identità. Quindi il progetto è raccontare in musica tutte le mie esperienze così che anche altri si possano sentire a casa quando ascoltano la mia musica.”

Mi piace abbinare la musica alla cucina e quindi ti chiedo se tu fossi un piatto che piatto saresti e perchè?

“La pizza, senza alcun dubbio! Fosse per me la mangerei sempre perché la pizza puoi farla in tanti modi diversi ma è sempre la pizza”

Chi è Emmegi

Tutto parte dalla cucina di casa dove la mamma cercava di intrattenerla, mentre preparava la cena, dandole mestoli e mestolini che lei anziché utilizzare per far finta di cucinare usava per suonare la sua batteria immaginaria. Grande gioia arriva quando una batteria giocattolo le viene regalata e da lì gli strumenti musicali non la lasceranno più. Sin dalle elementari inizia a studiare diversi strumenti, chitarra, pianoforte e batteria, ma quello che continua a suonare ancora oggi è il pianoforte. Alle scuole medie raggiunge la madre, che nel frattempo si era trasferita nelle Marche, e conosce un ragazzino della sua età con cui inizia a condividere la passione per la musica e a scrivere i primi brani. Da lì continua a mettere su carta i suoi pensieri. A quattordici anni torna in provincia di Como dal padre e vive con lui sino ai sedici anni, fino a quando lui si trasferisce in Brasile con la nuova compagna. Rimane sola ed inizia per lei un periodo difficile che la porta ad allontanarsi dalla musica fino ai diciannove anni. Tutto riparte grazie al capo animatore di un villaggio in cui lei era andata a lavorare che la sente cantare per caso e le chiede da quella sera di esibirsi negli spettacoli serali. Tornata a casa e presa la maturità, nonostante tutte le difficoltà che la vita le ha messo davanti, riprende con la sua musica. Le sue canzoni negli anni hanno un’evoluzione sino ad arrivare alla Emmegi di oggi, più consapevole della sua musica, che utilizza di più la linea melodica, che continua a raccontare la sua vita e i suoi disagi per arrivare a quelle persone che come lei ne hanno passate tante e grazie alle sue canzoni vuole dire loro: “Non siete soli”. Attraverso le sue canzoni affronta anche temi importanti come la violenza sulle donne e l’omofobia, storie in parte autobiografiche. Dopo tanti brani dai temi impegnati, Emmegi fa uscire un pezzo allegro ed estivo “La Nostra Estate”.